Social media decluttering: perché non credo nel digital detox

Digital entrepreneur, social media strategist & analyst. Emanuela Zaccone è anche co-founder e marketing manager di TOK.tv, il social network per i fan dello sport con quartier generale in Silicon Valley. Nel tempo matura un’esperienza decennale in ambito social media e nel ruolo di consulente ha collaborato con diverse aziende, associazioni e startup tra cui TIM, Eridania Tate & Lyle e LUISS Guido Carli. Scrive su Digitalic, Wired e Nòva de il Sole 24 Ore.

Il 22 ottobre 2016 è stata speaker per TEDxBologna con il talk più social dell’evento: “We are Screens” sul palco del Teatro Comunale di Bologna.

È lei ad inaugurare la nostra nuova rubrica dedicata ai changemaker che vivono e condividono i valori di TED. Emanuela ci parla di social media decluttering e digital detox: “Cosa succederebbe se cominciassimo a fare pulizia sui canali social ed effettivamente ad usarli per il loro valore?”.
Buona lettura!

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Non credo nel digital detox. Non perché non sia utile, ma perché mi dà la stessa sensazione di quelle diete d’urto da panico pre-weekend al mare: risolve il problema solo temporaneamente ma alla lunga diventa una soluzione di emergenza usata più e più volte senza portare ad un decisivo cambiamento. Non significa che ogni tanto non sia necessario staccare dai social media – a dire il vero, andrebbe fatto più volte al giorno – è proprio il concetto di disintossicazione che mi risulta problematico. Implica, infatti, che qualcosa ci stia danneggiando, intossicandoci appunto. E ciò significa che c’è un forte problema di fondo: viviamo il web, ed i canali social in primis, come qualcosa di intossicante, di dannoso per il nostro equilibrio personale e “sociale” (se allarghiamo questa idea di intossicamento al presunto isolamento che i social porterebbero nelle nostre vite. Idea con cui non concordo affatto, ma questa è un’altra storia).

Non credo nel digital detox. Non perché non sia utile, ma […] è proprio il concetto di disintossicazione che mi risulta problematico.

Se il pensiero di base è questo allora è del tutto errato l’approccio ai social media. Dovrebbero infatti essere canali che ci arricchiscono, grazie allo scambio con gli altri e alla possibilità di entrare in contatto con persone e contenuti di valore. Quando questo non succede la soluzione non è il digital detox ma il social decluttering. Per decluttering si intende in generale una selezione volta a scartare ciò che non serve e mantenere solo ciò che per noi ha valore. Il classico esempio di decluttering è la pulizia degli armadi: via i vestiti vecchi o che non usiamo, per lasciare solo tanto quelli che useremo. In una parola, si tratta di fare pulizia. Tralasciando – ne ho già parlato diverse volte, su Medium e Wired – le tecniche di decluttering social per social, mi interessa evidenziarne le conseguenze. Cosa succederebbe se cominciassimo a fare pulizia sui canali social ed effettivamente ad usarli per il loro valore?

[vc_empty_space][vc_accordion style=”accordion”][vc_accordion_tab title=”Mantenere un ecosistema pulito migliora l’ecosistema stesso”]

Pensiamo ai social media come ad un ecosistema in cui è necessario un equilibrio delle parti per funzionare. In questo caso ciascuno di noi con la sua cerchia di contatti rappresenta un ecosistema che per la natura stessa di queste reti è chiaramente soggettivo, vale a dire che sono le mie scelte di contatto a determinare i componenti del mio ecosistema. Quando però sono in grado di identificare gli elementi di disturbo dell’ecosistema stesso allora posso spingerli fuori e mantenere l’ecosistema sano e godibile. Non è raro leggere status di utenti che avvisano di imminenti pulizie dettate ad esempio dalla presa di posizione dei loro contatti rispetto ad un evento politico o di cronaca. È un modo per mantenere il proprio ecosistema in linea con i propri valori. Non è censura, è sentirsi a proprio agio.

[/vc_accordion_tab][vc_accordion_tab title=”Siamo già in una filter bubble, contribuiamo a modellarla”]

Gran parte dei social media funzionano in base ad un algoritmo che dovrebbe selezionare per noi i contenuti più rilevanti, in base alle nostre interazioni certo, ma anche in base ad altri elementi del social stesso (advertising, priorità accordata a certe tipologie di contenuto, etc.). Selezionare i propri contatti può dunque tradursi in una maggiore interazione con chi ci interessa davvero e dunque in una ottimizzazione indiretta dell’algoritmo. Non solo, ma i vantaggi in termini di modellamento delle timeline in base al nostro gradimento possono innescare circoli virtuosi: se la selezione mi consente di vedere solo ciò che mi interessa sarò motivata a continuare ad agire in tal senso.

[/vc_accordion_tab][vc_accordion_tab title=”Il social decluttering si traduce in una migliore conoscenza dei social. O almeno dovrebbe.”]

È il tema più delicato perché ciascun utente (e purtroppo spesso è un punto di vista che hanno anche i brand) ritiene che usare i social media sia semplice, che non ci sia nulla da capire o imparare. Fino a che non si ritrova in situazioni da cui è difficile uscire o che non sa come gestire. Basti pensare ad attacchi da parte dei troll, commenti di estranei su Facebook ai nostri post pubblici e simili: tutti casi in cui tanto le impostazioni di privacy dei contenuti quanto il buon senso potrebbe ero essere d’aiuto.

[/vc_accordion_tab][vc_accordion_tab title=”Il social decluttering è anche selezione dei canali”]

Quando pensiamo a fare pulizia di solito pensiamo agli utenti che vogliamo eliminare ma non ai canali. Non è raro il caso di persone “calmate” su più social media che molto probabilmente non usano. Essere presenti ovunque ma inattivi non è una virtù: questo non è Risiko, non serve piantare bandierine, serve essere selettivi. Chiudete i canali che non utilizzate più e concentratevi su quelli che possono arricchirvi o con cui vi trovate a vostro agio.

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Il problema del digital detox è che non risolve affatto il problema. O meglio, lo fa solo in parte: se infatti la questione è avere dipendenza dai social media, allora imporsi un digital detox può aiutare a capire che c’è vita oltre lo scrolling ma non risolve il problema. Cominciare invece a muoversi in direzione di una selezione che privilegi la qualità delle interazioni sulla quantità potrebbe davvero fare la differenza. Se uscite e lasciate la casa in disordine, tornando la troverete in disordine lo stesso. Abitare i social media significa anche creare valore per se stessi e per gli altri. Non è semplice, non è immediato e richiede di certo moltissima attenzione. Ma i vantaggi sul lungo periodo sono certamente garantiti.

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Emanuela Zaccone
emanuelazaccone.com
@zatomas

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