Siamo insieme. Io direi, piuttosto, che insieme dovremmo essere.
Mi chiamo Camilla Vivian e da circa un anno e mezzo mi sono imbarcata nell’avventura di far conoscere l’identità di genere atipica. L’ho fatto raccontando la mia storia, quella di una mamma come tante che si è trovata ad avere un figlio che avevo dato per scontato fosse maschio poiché del maschio aveva gli attributi fisici. Da subito però mi sono resa conto che il suo cervello e il suo cuore andavano in tutt’altra direzione. Un percorso così naturale per mio figlio che era ‘semplicemente cosi’ da farmi mettere in discussione tutta la maniera in cui noi siamo da sempre educati e cresciuti. Come un albero che nasce e cresce andando naturalmente verso il sole in un mondo in cui invece ci hanno abituato a una potatura mirata e strategica affinché l’albero faccia ombra dove l’uomo necessita.
Ecco allora che mi sono messa in viaggio affinché non solo venisse raccontata la nostra realtà ma anche altri come me si unissero nel farlo.
Spesso si parla dei grandi. Quelli che hanno fatto la storia. Quelli che hanno cambiato le cose. I pionieri. La realtà è che se è vero che esiste il maestro d’orchestra che dà il LA all’inizio del concerto, è altrettanto vero che se poi l’orchestra intera, composta da molti elementi, non intona le note, la sinfonia non si compone. Mi rendo conto di quanto sia vero questo a distanza di un anno e mezzo dall’inizio della mia avventura pubblica. Ho dato il LA, e sebbene alcuni abbiano cercato di intonare con me questa meravigliosa musica in nome della libertà, dei diritti e del rispetto, non siamo ancora riusciti a creare una sinfonia. Il mondo si cambia tutti insieme senza paura. I singoli possono dare singoli esempi, ma non possono fare la rivoluzione. Viviamo ormai in un mondo in cui ognuno pensa per sé mentre ci si lamenta che gli altri non capiscono o non ci sono vicini. E allo stesso tempo soffriamo di una solitudine che ci toglie il fiato. La paura attanaglia il cuore e la mente e noi genitori di bambini meravigliosamente creativi ancora di più di altri temiamo per loro e pensiamo che proteggerli sia nasconderli. Nulla di più sbagliato. Dobbiamo uscire tutti insieme. Tutti insieme mostrare la bellezza e la naturalezza con sicurezza. Dobbiamo insegnare loro che non vi è nulla di sbagliato nel sentirsi chi si è e ancor meno nell’esprimerlo.
La battaglia per il diritto di essere vale per tutto e per tutti. Non bisogna pensare di circoscrivere le battaglie. Si tende erroneamente a credere che più si circoscrive il target della battaglia maggiore sarà la possibilità di ottenere qualche risultato. Ecco allora che anche per esempio all’interno della stessa comunità lgbt in maniera per me assolutamente assurda e paradossale si creano i sottogruppi. Ognuno si ritiene possessore della propria verità e si batte per quella. Quello che si perde di vista è che non esiste la “libertà DI”. Esiste la LIBERTÀ e basta che é un diritto inalienabile. Insieme bisognerebbe combattere per quella. Dalla libertà di espressione, alla libertà di parola, alla libertà di professare il proprio credo, alla libertà di mangiare ciò che ci piace, alla libertà di poter essere chi siamo. E insieme a questa libertà in maniera sincronica deve esistere come requisito fondamentale il rispetto. Acquisito il concetto che prima di ogni cosa esiste il rispetto della libertà di ognuno, insieme dobbiamo aiutare chi ha paura. Non sono tutti coraggiosi al mondo. Tante persone vivono nella loro quieta realtà e non vogliono conoscere altro perché hanno paura di tutto ciò che possa mettere in discussione chi sono e ciò che di sicuro hanno. Se esiste il rispetto della libertà è abbastanza ovvio che anche queste persone hanno il diritto di vivere la vita che vogliono.
Sta però a noi tutti insieme mostrarci per quello che siamo. Far vedere che nessuno mette a repentaglio la vita di nessuno. Ma perché questo sia efficace deve essere un lavoro collettivo. Bisogna tutti insieme darci una mano, rassicurarci, farci forza, e mostrare agli altri che la paura è il contrario dell’amore, cosa di cui questo mondo ha davvero tanto bisogno.
Rivedi il talk di Camilla Vivian a TEDxVicenza 2017 vis-à-vision:
Cresciuta in molti luoghi differenti, fotografa, interprete di inglese ma soprattutto mamma di tre splendidi figli, a settembre 2016 decide di aprire il blog “Mio figlio in rosa” per raccontare la storia della sua famiglia che si trova ad affrontare la quotidianità con un figlio di otto anni che si sente anche una bambina. Dopo anni di studi personali sull’argomento e confronto con famiglie di altri paesi decide che è giunto il momento che anche in Italia si parli della fluidità di genere, argomento molto difficile da affrontare nel nostro paese. Il blog attira l’attenzione della gente comune e dei media. Sta ora concludendo il libro sulla sua storia e si sta dedicando ad altri progetti come la creazione di una associazione che aiuti le famiglie come la sua a sentirsi “normali”.
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